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FOCUS. Mutismo selettivo, interessante convegno all'Università di Chieti

L'evento si è tenuto nell'Aula 1 del polo di Lettere con la dottoressa Marta Di Meo e altri relatori

Redazione
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Molto interessante il convegno sul mutismo selettivo con la dottoressa Marta Di Meo e altri relatori, che si è tenuto nei giorni scorsi all'Università di Chieti, per la precisione nell'Aula 1 del polo di Lettere.

Per Roberto Gemmi, referente Aimuse Abruzzo, non bisogna sottovalutare il mutismo selettivo perché “un problema non affrontato a quell’età può protrarsi anche fino all’università con difficoltà sociali e relazionali. A volte c’è anche la difficoltà a uscire di casa”. Gemmi ha poi ricordato che Aimuse è nata “nel 2009 da un gruppo di genitori di tutta Italia che si sono ritrovati su Internet. Nessuno conosceva questo problema. I primi a essersi messi in gioco sono stati i genitori”.

Successivamente ha preso la parola Elisabetta Berenci, neuropsichatra infantile, docente all’Università di Chieti: “Il mutismo selettivo è una condizione che si manifesta prevalentemente nel bambino e si caratterizza per l’incapacità di parlare nei contesti sociali, per cui il bambino spesso ha un comportamento comunicativo normale nei contesti famigliari ma manifesta questo tipo di difficoltà nei contesti sociali: non ha problematiche comunicative di tipo linguistico ma incontra le prime difficoltà evidenti con l’ingresso all’asilo o successivamente a scuola”. Con il passare del tempo, lo studio attorno a questo fenomeno si è evoluto: “Già alla fine del 1800 si faceva riferimento al termine “afasia volontaria”, e in un secondo momento si iniziò a parlare di “mutismo elettivo”: un disturbo di tipo volontario, cioè si presupponeva una volontà alla base del bambino di scegliere le persone con cui scegliere. Negli anni 2000 si è invece iniziato a parlare di “mutismo selettivo”, vale a dire un disturbo di tipo emotivo in cui c’era l’evoluzione del soggetto con un’incapacità di parlare e comunicare. Sempre di più la ricerca ci ha portato a capire che alla base del disturbo c’è una condizione di ansia, per la precisione di ansia sociale. Non sono comportamenti oppositivo-provocatori, come si credeva in un primo momento. Il bambino non riesce a rispondere alle richieste sociali e quindi assume un comportamento sfuggente e inibito: diventa, così, limitato nella comunicazione sociale. La difficoltà diagnostica può essere successiva a una diagnosi in senso stretto: non è sempre facile riuscire a stabilire se sia già necessario un intervento sulla scuola o sulla famiglia”. L’ansia di separazione e il mutismo selettivo sono in stretta correlazione tra loro: “Il mutismo selettivo - ha spiegato la Berenci - è inglobato nel disturbo di ansia sociale, ma vanno considerati anche il disturbo di panico e il disturbo di ansia generalizzata. Già nella fascia 0-3 anni si possono individuare i primi disturbi di mutismo selettivo, ad esempio nell’autoregolamentazione rispetto all’alimentazione o relativamente alla difficoltà di addormentamento. Sono tutte condizioni di estrema sensibilità al giudizio dell’altro: i bambini interpretano spesso in maniera negativa le espressioni facciali dell’altro perché sono ipersensibili e questo senso di inadeguatezza rimanda loro un senso di disagio, attivandoli continuamente. Quando cerco di mettermi in relazione con il bambino, lui ha un atteggiamento bloccato, di congelamento: sembra inespressivo anche dal punto di vista emotivo, cioè le emozioni non trapelano perché l’ansia li blocca. A volte cambiare l’ambiente può paradossalmente favorire uno svincolo dal disturbo e quindi il mutismo selettivo può risolversi automaticamente”. Può accadere che questo disturbo venga minimizzato dagli stessi genitori e che quindi i bambini non arrivino “all’osservazione clinica; ci sono ancora molti casi in cui questo problema non viene trattato adeguatamente. Bisogna evitare la cronicizzazione di un temperamento sociale ansioso. Il disturbo è presente più nelle femmine che nei maschi, e più tra bambini anziché tra adolescenti. Alla base del mutismo selettivo può esserci un attaccamento insicuro, iperprotettivo e ansioso o la provenienza da famiglie iposocializzanti”.

Infine è intervenuta Marta Di Meo, psicoterapeta cognitivo-comportamentale: “Stiamo intervenendo nella fascia di età che va dai 2 ai 4 anni perché se riusciamo a individuare i fattori di disturbo possiamo lavorare sulla prevenzione. Dobbiamo lavorare sulla scuola, sulla famiglia e – in alcune fasce d’età – anche con il bambino stesso. Dai 6 anni in poi, infatti, si rende necessario agire anche con il bambino. Tuttavia se riusciamo a evitare di lavorare con il bambino è meglio perché così riduciamo il suo stress”. Anche la dottoressa Di Meo ha sottolineato il "congelamento" cui va incontro il bambino con mutismo selettivo: “L’ansia porta ad avere un ipercontrollo tale che le persone non si muovono più. Non solo: il mutismo selettivo può essere ancora più marcato se nel soggetto è presente anche la timidezza. Può esserci difficoltà a parlare con adulti e coetanei, nonché difficoltà a rispondere a domande dirette e indirette. Nel comportamento paraverbale può esserci altresì difficoltà a riprodurre suoni onomatopeici o che richiamino versi di animali. Stiamo lavorando su queste problematiche”. Per quanto riguarda la possibilità di lavorare a stretto contatto con la scuola e gli insegnanti, anche in America - dove la Di Meo ha lavorato - la parte burocratica è di difficile gestione. Ma come ci si deve rapportare con il bambino? “Bisogna evitare lo sguardo diretto. Il bambino chiede di stare al centro dell’attenzione, ma poi si ritrae perché non ha la capacità di gestire un’emozione così forte. Quindi non fatevi ingannare se vi trovate di fronte a questo comportamento: è normale. Va evitato un atteggiamento di tipo indagatorio: non fate troppe domande. Mettetelo a suo agio. Non formulate domande troppo complesse dal punto di vista sintattico o semantico. Più la domanda è semplice, più è facile per il bambino interagire con noi. È importante, altresì, favorire attività che aiutino a rinforzare l’autostima, perché spesso i bambini con mutismo selettivo vanno incontro a un senso di autoefficacia che viene progressivamente diminuito. C’è una stabilizzazione del disturbo che porta anche conseguenze diverse”. Il lavoro sulle emozioni risulta molto importante: “Fate capire che a seconda dell’età esistono anche differenti emozioni. Dobbiamo dare strumenti specifici per affrontare le situazioni di paura, ma anche di rabbia, un sentimento che talvolta scaturisce nel bambino perché, appunto, non riesce ad affrontare le situazioni”. Quali sono i vantaggi della terapia? “Il miglioramento nel rendimento scolastico, una migliore gestione delle frustrazioni e il miglioramento dell’esposizione di tutto ciò che riguarda le proprie emozioni”, ha concluso la Di Meo, che di recente ha creato una piattaforma apposita, www.mutismoselettivo.com, che contiene tutta una serie di informazioni costantemente aggiornate.

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