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"Se ci contagiamo non è per nostra stupidità, ma perché siamo professionisti dell’assistenza 365 giorni all’anno"

Leone (Cgil) lancia l'appello a Marsilio e Verì: "Va difeso il settore socio sanitario"

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Ogni mattina all’alba entriamo nei nostri reparti ci mettiamo le mascherine che decubitano il nostro volto, usiamo le visiere e gli occhiali che si appannano con il nostro respiro, mentre posizioniamo un catetere venoso periferico, utile per infusione, usiamo il copricapo e il camice che ci fa sentire la schiena umida e cambiamo i guanti e ci laviamo le mani prima e dopo ogni attività.

Le ore del nostro turno di lavoro trascorrono tra prelievi, medicazioni, punture, elettrocardiogramma, interventi richiesti dai malati, prepariamo e somministrazione le terapie, rileviamo i parametri, all’occorrenza broncoaspiriamo i pazienti, procedura molto delicata e rischiosa per la grande dispersione di droplets e quindi ad elevato rischio di contagio, e facciamo tutto ciò utilizzando i DPI.

Ma non è solo questo quello che noi professionisti facciamo in questa fase emergenziale, facciamo il giro delle cure igieniche ai pazienti, imbocchiamo coloro che non sono in grado di mangiare autonomamente, etc. Allora, se noi operatori sanitari ci contagiamo non è per nostra stupidità, ma perché siamo professionisti dell’assistenza 365 giorni all’anno, ci prendiamo cura dei malati fragili, degli anziani con pluripatologie, dei malati soli e spaventati. La fase emergenziale che stiamo vivendo triplica i nostri carichi di lavoro. I turni sono pesanti e le dotazioni organiche non sono pensate per affrontare l’emergenza Covid-19, e in tutto questo, noi della sanità privata socio sanitaria convenzionata ex art.26 non abbiamo ricevuto neanche un euro del Bonus Covid-19,  ercepiamo miseri stipendi e abbiamo il contratto scaduto da oltre 8 anni.

Noi che tutte le mattine andiamo nei nostri reparti e svolgiamo le nostre funzioni, attività e compiti, sappiamo bene quali sono i rischi. Un conto è lavorare con dotazioni organiche pensate per l’ordinario nelle RSA, RA, CSSA, Case di Riposo, Centri di Riabilitazione ex art. 26. Art.56, centri psichiatrici, etc., un conto è lavorare in queste strutture con dotazioni organiche che prevedono un numero maggiore di personale per fronteggiare al meglio questa fase emergenziale da Covid-19, nelle corsie e unità di degenze, il rischio del contagio si ridurrebbe notevolmente.

Inoltre è bene ricordare che noi operatori sanitari non facciamo solo questo nelle strutture socio sanitarie, residenze sanitarie, case di cura ex art.26 e artr.56, cssa, ra e cioè prelievi medicazioni, punture, preparazione e somministrazione delle terapie, ma in questa fase emergenziale, in cui sono state sospese anche le visite dei familiari, ci diamo da fare per aiutare i pazienti ad effettuare le videochiamate con i familiari, ci improvvisiamo barbieri e parrucchieri, qualcun'altro si ingegna ed aiuta il pazienti ad alzarsi dal letto per salutare dalle finestre delle proprie unità di degenza, solo per un attimo fugace i propri figli/ nipoti o la moglie, per non parlare delle volte che prepariamo i panni sporchi da consegnare ai familiari che li ritirano in portineria dove ci lasciano quelli puliti, etc.

Le situazioni descritte nella sanità privata convenzionata socio sanitaria ex art-26 spesso sono alcune delle causa dei contagi tra gli operatori. A chi pensa che il contagio degli operatori avviene per altri motivi, dico, come Coordinatore Regionale della CGIL FP Sanità Privata Convenzionata Abruzzo/Molise, che i fatti parlano da soli.

Spero e mia auguro che tutta la politica riconosca che la causa dei contagi tra gli operatori soprattutto, nelle strutture socio sanitarie ex art.26 ma anche nelle strutture sanitarie pubbliche risiedono anche in anni di tagli ai finanziamenti, nel blocco del turn over, nella mancata riforma del calcolo delle dotazioni organiche, ma soprattutto in questa fase le strutture scio sanitarie ex art.26, le CCSA, le RSA, centri diurni, centri psichiatrici, che stanno pagando un prezzo elevato dei contagi tra operatori e malati, sono strutture che nella prima fase emergenziale da covid 19, hanno subito una forte contrazione delle prestazioni a causa della chiusura dei servizi e del blocco dei ricoveri decisa dalle autorità pubblica. Ecco, penso che sia arrivato il momento di rivedere molte cose in questo settore dove spesso gli amministratori spendono considerevoli somme per l’acquisto dei DPI che vengono consegnati tutti i giorni agli operatori sanitari e a questa spesa si aggiunge anche quella per la sanificazione quotidiana. Costi che le somme erogate dalle regioni per una prestazione ambulatoriale, domiciliare o in day hospital (tariffe che sono ferme a 20 anni fa), non coprono.

E dico tutto ciò perché la seconda fase emergenziale determinerà inevitabilmente una nuova contrazione delle prestazioni per l’intero settore socio sanitario ex art. 26 e senza un aiuto economico della Regione molte strutture rischiano di non arrivare alla fine dell’emergenza.

Ora è fondamentale che l’assessore alla Sanità insieme al Presidente Regionale intervengano urgentemente per difendere il settore socio sanitario ex art.26, le RSA CSSA, RA e convochino urgentemente i sindacati per tutelare i livelli occupazionali degli operatori che dal mese di marzo si sono rimboccati le maniche e fanno del loro meglio per tutelare le strutture socio sanitarie.

Siamo Eroi anche noi, anche se non abbiamo ricevuto un euro di Bonus Covid e abbiamo il contratto scaduto da oltre 8 anni.

Daniele Leone, Coordinatore Regionale FP Sanita Privata convenzionata Abruzzo Molise

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